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Fino alla metà dell’800 la valle era raggiungibile dal mondo esterno solo tramite sentieri pedonali o per carri. Il commercio di prodotti lignei, l’importazione di legname per la scultura dalle valli vicine e l’esportazione di merci ingombranti rendeva sempre più necessaria la costruzione di una strada. Su iniziativa dell’allora sindaco di Ortisei Johann Baptist Purger si arrivò infine alla realizzazione di una strada tra Ponte Gardena e Ortisei. Con l’inaugurazione della strada il 26 ottobre 1856 la valle era collegata al mondo esterno, e ciò avvenne molto prima che in altre valli di alta montagna. Visto che il trasporto delle merci era ora meno impegnativo, ci fu un boom dell’industria del legno, che venne rafforzato dalla costruzione della ferrovia del Brennero nel 1867. I costi per la realizzazione della strada, che ammontavano a 55.000 fiorini, vennero pareggiati in poco tempo grazie ad un pedaggio. Inizialmente la strada gardenese venne costruita solo fino a Pescosta (al confine tra i comuni di Ortisei e S. Cristina), e fino al 1890 i pedaggi venivano utilizzati solo per la manutenzione di questa parte della strada. Alla parte restante, che andava da Pescosta a Selva, dovevano provvedere i comuni di S. Cristina e Selva (come era stato stabilito da un accordo del 1855), e perciò questa tratta fu lasciata per lungo tempo in cattive condizioni. Gli abitanti di Ortisei si opponevano al finanziamento di tutta la strada con i pedaggi, a quanto affermavano, “perché temevano che non tutti gli stranieri rimanessero a Ortisei, e che ogni tanto qualcuno potesse giungere per sbaglio a S. Cristina o Selva.” Si decise quindi di collocare nel febbraio 1892 una seconda stazione di pedaggio a Pescosta, e così si poté migliorare la manutenzione anche di questa tratta. La popolazione però non era contenta, perché in questo modo doveva pagare due pedaggi, uno a Pescosta e uno a Ponte Gardena. Il pedaggio fu eliminato solo quando la strada divenne di proprietà pubblica.
L’apertura al traffico della valle determinò una trasformazione radicale delle strutture economiche e delle condizioni di vita. I costi per il trasporto delle merci calarono notevolmente, perché con la forza di un cavallo si poteva ora trasportare una quantità di merci cinque volte superiore a prima. Anche gli stranieri potevano arrivare più facilmente in valle, in particolare dopo l’inaugurazione della ferrovia del Brennero (1867).
Inizialmente la strada della Val Gardena non poteva essere percorsa dalle automobili, il trasporto era consentito solo alle carrozze trainate da cavalli. Il commerciante ed albergatore Franz Schmalzl (Ladinia) fu il primo ad acquistare un’automobile (una Daimler-Benz), che per noi oggi assomiglia semplicemente a una carrozza senza cavalli. Ma ben presto dovette restituirla, perché non poteva usarla sulla strada principale da Ponte Gardena a Plan e perché quest’automobile aveva l’effetto di innervosire i cavalli e di infastidire tutti gli abitanti per il forte rumore che produceva. Secondo alcune notizie, un automobilista proveniente dalla Val d’Isarco sarebbe riuscito a percorrere tutta la strada fino a Plan, e perciò non si poté fare altro che lasciarlo tornare a Ponte Gardena lungo la strada. Fu solo con la prima guerra mondiale, quando una lunga fila di autocarri si snodava lungo la strada per motivi militari, che l’epoca della motorizzazione entrò a pieno titolo anche in Val Gardena. Nel primo dopoguerra erano pochi gli altoatesini a possedere una patente di guida, tra questi vi era Hans Perathoner, proprietario dell’Hotel Luna. Dal 1920 ha fatto letteralmente mangiare la polvere a molti gardenesi con la sua Lancia decappottabile. Sotto il fascismo la strada fu ingrandita, e lo stato costruì la tratta compresa tra Maciaconi e la Poza (1930-1935). Fino ad allora la strada passava sul Col da Tieja per arrivare a Selva. Nel 1936, invece, tutta la strada venne asfaltata. In quel periodo venne realizzato anche il primo distributore di benzina davanti a Maciaconi. Ma solo dagli anni ’50 in poi l’automobile fu alla portata di una fascia più larga di popolazione. Alla fine di quel decennio alcuni gardenesi si appassionarono alle corse automobilistiche: Tschuky Kerschbaumer (Monte Pana), Herbert Demetz (Maciaconi) e Ernst Prinoth ottennero più di un successo in gare nazionali ed internazionali.
Śën van sula ferata
te nosta bela val;
vint mile rusc l’à fata
ruei caprò al’infal;
l fova perjunieres
furnii tan da stracion
che duc chi puere tieres
fajova cumpascion.
In seguito al boom della scultura in legno già verso il 1900 si era pensato di facilitare il trasporto delle merci con la costruzione di una ferrovia collegata con la ‘Linea ferroviaria meridionale’ austriaca. Furono avanzati diversi progetti, ma alla fine l’idea fu scartata. La ferrovia fu costruita però nel 1916, non per ragioni economiche, bensì militari: nel 1915 l’amministrazione dell’esercito austriaco ordinò la realizzazione di una linea ferroviaria a vapore e a scartamento ridotto per facilitare l’approvvigionamento delle truppe sul fronte dolomitico. Il trasporto veniva effettuato da Chiusa a Plan con la ferrovia, e da lì le munizioni, armi e provviste venivano mandate ai vari posti di combattimento (Col di Lana, Marmolada, Valle Travenanzes, Lagazuoi) attraverso una rete di teleferiche. Era necessario avere collegamenti veloci, perché nel maggio 1915 l’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria-Ungheria. I lavori per la ferrovia iniziarono già nel settembre di quello stesso anno, e vi erano quattro cantieri che lavoravano giorno e notte e costruivano la tratta in entrambe le direzioni. Furono espropriate diverse proprietà, e il ‘Bugon de sot’ fu addirittura demolito e completamente ricostruito in un altro luogo. Nei documenti si legge che i proprietari espropriati di S. Cristina si lamentavano delle quote di risarcimento, perché il valore calcolato per le loro proprietà era molto più basso rispetto a quello stimato per le proprietà espropriate di Ortisei. Le caratteristiche fisiche della valle resero necessaria la costruzione di nove gallerie (che in tutto coprivano 1.002 m) e di 40 ponti e viadotti. Il 6 febbraio 1916 la linea poté già essere aperta: in un tempo record di soli cinque mesi il progetto era stato realizzato da circa 3.500 soldati, 6.000 prigionieri di guerra russi e 500 civili volontari. Di questi, 1.700 prigionieri di guerra venivano ospitati a S. Cristina, 1.000 di loro nelle case e 700 nei fienili. In quel periodo dunque il paese ospitava più russi che gardenesi, anche perché gli uomini in età di leva erano tutti partiti per la guerra. I prigionieri vivevano affollati in misere stanze; erano preda di pidocchi e malattie, il cibo era scarso, i gardenesi chiamavano la zuppa annacquata dei russi ‘reticolato’. Gli ufficiali e i responsabili dei lavori si recavano invece alla locanda Uridl per consumare dei lauti pasti. Ancora oggi alcuni anziani si ricordano con compassione dei russi affamati, che chiedevano un po’ di "kleba" (pane) o "melenka" (latte). Ma i gardenesi stessi soffrivano la fame, e andavano nei comuni vicini per scambiare alcuni loro beni con del cibo. La fame era anche all’origine di diversi furti, e perciò i campi di patate e gli orti dovevano essere sorvegliati soprattutto la notte da guardie. Chi rifiutava di collaborare con l’esercito austriaco o rubava veniva punito con la pena di morte. I gardenesi erano rimasti impressionati dalla fede profonda dei russi, che la sera cantavano tutti insieme alcuni salmi cupi e malinconici e che durante le messe campestri continuavano a fare il segno della croce. Alla fine dei lavori, nel giugno 1916, gran parte di loro furono trasferiti a Ora, dove vennero impiegati nella costruzione della ferrovia della Val di Fiemme.
La tratta ferroviaria gardenese aveva una lunghezza di 32 km, da Chiusa a Plan, e doveva superare un dislivello di 1.072 metri. A S. Cristina, al chilometro 25, era stata costruita una stazione di legno. Dopo la guerra, a partire dal maggio 1920, la ferrovia venne usata per il trasporto civile. Negli anni ’50, però, i costi vennero ritenuti troppo alti. Bisognava riempire il serbatoio d’acqua presso ognuna delle sei stazioni, e ogni viaggio consumava 3.000 chilogrammi di carbone. Inoltre, il vecchio trenino non rispettava più da molto tempo gli standard di sicurezza. I frequenti passaggi a livello lungo la strada statale costituivano un pericolo sempre crescente, visto l’aumento esponenziale delle automobili che la percorrevano. I passaggi a livello erano incustoditi, ed erano segnalati solamente da una croce di S. Andrea con la scritta “Attenzione al treno - Achtung auf den Zug”. Nonostante questi inconvenienti il trenino rimase in funzione fino al 1960, alla fine più che altro come soggetto per fotografie. Per oltre 40 anni dunque la ferrovia era stata a disposizione dei gardenesi. Molte persone anziane se ne ricordano ancora, spesso con nostalgia, anche se esistono diversi aneddoti legati alla sua velocità di marcia (velocità massima: 14 km/h verso l’interno della valle, 18 km/h nel senso opposto): sembra che durante il viaggio fosse tranquillamente possibile scendere dal trenino, bersi un quarto di vino rosso e poi risalire. I cartelli con la scritta “Vietato raccogliere i fiori durante la marcia del treno” mettevano certamente l’allegria ai passeggeri. Bisogna considerare che per il viaggio da Plan a Chiusa erano necessarie quasi tre ore.
Dopo la chiusura della linea ferroviaria si rese sempre più necessario un secondo collegamento con la Val d’Isarco, perché la statale verso Ponte Gardena ormai era al limite della saturazione. In occasione dei mondiali di sci alpino (1970) si decise di realizzare una seconda strada tra Pontives e Chiusa sul vecchio tracciato della ferrovia, ed essa fu inaugurata nel 1976. La parte rimanente del tragitto fu adibita in gran parte a passeggiata pedonale.
Con la costruzione della strada della Val Gardena (1856) l’isolamento geografico della valle fu spezzato e venne facilitato il passaggio all’economia di mercato. La nuova strada e la ferrovia del Brennero resero possibile l’importazione di grano ungherese e italiano a costo ridotto. Perciò si iniziò man mano ad abbandonare la coltivazione dei campi; negli anni ’70 del XIX secolo questo fenomeno coinvolse solo Ortisei, perché il capoluogo offriva maggiori possibilità di guadagno nella scultura lignea. Il paese di S. Cristina, invece, fu caratterizzato dai campi agricoli per buona parte del secolo scorso; infatti, fino agli anni ’20 quasi tutte le famiglie si nutrivano con il proprio grano. La coltivazione del lino, invece, era stata abbandonata già alcuni decenni prima, verso la metà dell’800. Dai gambi della pianta del lino si ottenevano le fibre, che venivano filate dalle donne. I tessitori venivano poi per alcune settimane "auf die Stör" (a domicilio) per creare delle stoffe e dei vestiti da questi fili. Ovviamente a quell’epoca non si dava molta importanza al vestiario. Per tutta l’estate i bambini andavano in giro scalzi. Anche le abitazioni solitamente erano modeste. Per molti secoli l’illuminazione era fornita da contenitori riempiti di sego di maiale, mentre bisognava andare ogni volta alla fontana o al ruscello per prendere l’acqua. I pasti erano costituiti da ciò che veniva prodotto in proprio nel maso, soprattutto latte e cereali. La carne e le pietanze cotte con lo strutto (i krapfen e gli strauben) erano riservate alla domenica, mentre si preferiva vendere gran parte della carne e del burro per comprare il tanto necessario grano. Per il pane e i canederli si utilizzava soprattutto la farina di orzo, perché la farina di frumento era cara e veniva utilizzata con parsimonia. Nelle case più povere ci si accontentava di poco: “I poveri scultori negli ultimi anni si sono abituati spesso a mangiare la polenta italiana con il latte, i crauti o il formaggio, perché sono gli alimenti meno cari.” Gli alimenti ‘di lusso’ come il caffè e lo zucchero iniziarono ad essere usati in molte case solo nel primo dopoguerra, quando le condizioni di vita stavano già migliorando.
Per secoli i comuni dovevano produrre da sé la maggior parte dei beni comuni. La popolazione aveva bisogno del lavoro di sarti, fabbri, macellai, mugnai e panettieri. Molte attività produttive avevano sede vicino a dei corsi d’acqua, perché si utilizzava l’energia idrica per muovere i mulini e i torni. Sembra che in Val Gardena esistessero più di 40 mulini. Da un elenco delle attività commerciali e produttive del 1888 risulta che nel nostro comune erano presenti le seguenti figure professionali: 1 panettiere, 6 negozianti di beni assortiti, 1 commerciante di prodotti in legno (figure e giocattoli), 1 sarto, 1 merciaio, 5 mugnai, 3 calzolai, 1 tappezziere, 1 falegname e 5 osti. Il primo medico con preparazione accademica è citato nell’elenco del 1902. In precedenza gli abitanti dovevano far ricorso al chirurgo per tutti i problemi medici. Dal 1833 il chirurgo Tobias Burgauner fu attivo per diversi decenni a S. Cristina. Curava le ferite, le ossa rotte e il mal di denti. Quando si avevano dei dolori interni o necessità di medicine ci si rivolgeva al medico di Ortisei, che era presente sin dal 1806. Ovviamente non esisteva la cassa mutua e ognuno doveva pagare il medico di tasca propria, per cui ci si rivolgeva la medico solo in caso di estrema gravità. Molti si ricordano del medico M. Santi Rapisarda, che fu attivo nel nostro comune fino agli anni ’80 del secolo scorso. Clara Schenk, invece, lavorò a S. Cristina come levatrice fino alla fine degli anni ’50. Quando però sempre più partorienti facevano ricorso alle cure dell’ospedale, questo mestiere iniziò a declinare, e con esso il sapere di generazioni di donne sagge.
Il 1 settembre 1874 a S. Cristina fu inaugurato un i.r. ufficio postale. Il locale che ospitava le poste fino al 1970 circa si trovava nell’edificio sulla via principale (“La Posta”). Con l’introduzione delle nuove tecnologie del telegrafo e telefono la circolazione di notizie subì un acceleramento inaudito. Lo sviluppo delle scienze e delle tecniche sembrava senza fine, e tutta la società europea era permeata da un forte ottimismo verso il progresso. Negli anni ’60 del XIX secolo arrivarono i primi turisti, e con loro anche le prime macchine fotografiche. Nel 1900 si vide la prima automobile, e poco dopo i primi edifici vennero collegati alla rete elettrica. La prima centrale elettrica gardenese fu messa in funzione nel 1900 a Ortisei da Ferdinand Demetz – era la seconda di tutto l’Alto Adige. Nel 1905 Anton Senoner inaugurò la centrale di Dorives, che venne ingrandita nel 1930 e nel 1950 fu sostituita dalla SAEV (Società Elettrica di Selva) con una centrale più potente e posta circa 200 metri più ad ovest. Era comunque sempre più difficile coprire tutta la richiesta di elettricità della valle, e soprattutto nei mesi invernali bisognava acquistare dell’elettricità da altri produttori. La centrale di Dorives rimase operativa fino al 1969, quando fu ceduta dalla SAEV all’ENEL. Dagli anni ’90 è in funzione anche una centrale comunale a ‘La Longia’, che copre una parte delle richieste del paese. La costruzione dell’acquedotto che scende da Cisles (dal 1952 al 1954) permise invece di rifornire il paese che si stava ingrandendo. Il crescente fenomeno del turismo spinse verso la realizzazione di impianti sportivi: nel 1982 fu inaugurata la nuova palestra, nel 1991 il centro Iman, nel 1995 il campo sportivo nella zona ‘Mulin da Coi’.
La fioritura del turismo e dell’industria del legno causarono un’enorme trasformazione delle tradizionali strutture economiche. Per la prima volta il territorio non veniva sfruttato principalmente per l’agricoltura e l’allevamento, bensì per il turismo. I campi agricoli, un tempo preziosi, videro via via la costruzione di nuovi edifici. Oggigiorno solo il 2,3% degli occupati lavora nel settore primario, il 37,7% lavora nel ramo produttivo, mentre il settore dei servizi, che dà lavoro al 60,1% della popolazione, oggi è largamente maggioritario.
Dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto a partire dal boom economico degli anni ’70, la superficie edificata del comune aumentò notevolmente, e i nuovi edifici venivano costruiti in particolare lungo la strada principale. Ciò ha causato grossi problemi di traffico nel centro del paese, soprattutto durante l’alta stagione turistica. La tangenziale inaugurata nel 2009 dovrebbe essere la soluzione tanto attesa per questo problema.